martedì 14 luglio 2020

IL FIGLIO NATURALE DELLA CASERMA GARIBALDI

Il cittadino medio, automunito, mascherato (ancora per poco) e dotato di petroliere di pazienza, per raggiungere mettiamo Casbeno da Giubiano, deve farsi tutto il centro, prendere viale XXV Aprile e sperare nella provvidenza, che non ci sia qualche cantiere fantasma aperto e mollato lì dopo due colpi di ruspa. Nonostante, non si sa chi e non si sa perché, qualcuno abbia scritto che la proprietà, il comune, il governo, l'Unione Europea o qualche altro burosauro avrebbe già “messo in sicurezza” il rudere di via Gasparotto, questo è ancora lì bel bello, con le sue strisce bianche e rosse sventolanti a segnalare pericolo di caduta e il meraviglioso cartello -l'Italia è il paese della presa per il culo spontanea- di divieto di sosta appiccicato al muro pencolante. I metri di strada chiusi al traffico saranno sì e no cinquanta, sufficienti a far guadagnare l'inferno a centinaia di padri e madri di famiglia timorati di Dio, diventati bestemmiatori seriali già alla svolta di largo Flaiano. 


Probabilmente anche il solerte cittadino dall'occhio d'aquila che ha visto le crepe del rudere allargarsi come le acque del mar Rosso segnalandole “a chi di dovere”, si starà dando martellate sui coglioni come Tafazzi, ché magari l'altro ieri per un vuoto di memoria si è trovato lì con la macchina per andare alla Cartabbia e ha dovuto fare dietrofront, allungando almeno fino all'Esselunga di viale Borri per poter invertire la marcia e attraversare canonicamente il centro, percorrere via XXV Aprile, fare la rotonda della Coop, imboccare viale Europa e arrivare finalmente all'incrocio dove termina la via Gasparotto incerottata. Chilometri e gas di scarico in più, pressione sanguigna in rialzo, usura mezzo, moglie amante amica che minaccia di lasciarti, semafori di largo Flaiano dai tempi biblici, fai a tempo a leggere tutto Ken Follett e se hai un buon autoradio ascoltarti anche la Nona di Mahler. Sempre che il semaforo tu riesca a vederlo. Quello per esempio alla sommità della rampetta dalla parte sana di via Gasparotto, è ingentilito da una splendida fioritura biancorosa, una cosa che fa pensare ai concorsi per la miglior stazione fiorita che si tenevano ai tempi del Duce. 


Se hai la ventura di arrivare da via Nino Bixio, mentre sei in coda al rosso puoi ammirare un pezzo di ponte ferroviario crollato, con calcinacci guarniti di bottiglie di birra e lattine. Strano, anche lì  potrebbe venir giù tutto da un momento all'altro, ma nessuno dice di dover mettere in sicurezza qualcosa, il pedone è meno nobile dell'automobilista, se precipita dalla spalletta terremotata quasi non ci si accorge nemmeno. Se poi per sventura cade sul tetto di un treno in transito, chi lo trova più?


Tutto per 50 metri di strada chiusa da giorni in attesa che qualcuno “metta in sicurezza” il rudere, gergo burosaurico che include, si suppone, delle belle iniezioni di cemento vitaminico per tenerlo su, una rinfrescata alle eclair, ora graffitate come dio comanda, la potatura delle piante limitrofe o magari chissà, anche un bel boschetto verticale, non sia mai che spulciando qualche documento nascosto non si scopra che il manufatto è di pregio, forse disegnato da Gio' Ponti. Intanto il tempo passa, le ferie incombono, non si vedono ruspe all'orizzonte e nemmeno uno straccio di martello pneumatico, il figlio naturale della Caserma Garibaldi alla fine crollerà da solo, prima che qualche politico pensi di ristrutturarlo magari per farci il teatro. Si potrebbero raccoglierne i calcinacci e stoccarli come i rami del Piantone per distribuirli poi ai cacciatori di souvenir, indire un bel concorso su cosa costruire sulle sue ceneri, un bed and breakfast vista binari, un'edicola della Madonna,  la stazione della funicolare, o il solito mini parcheggio che lì non sbagli mai. Naturalmente tutte strisce blu, non si fanno sconti, evviva l'ecologia!




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