Maria Farneti in Madama Butterfly |
FORLI' - Ecco un libro che i cultori delle "voci antiche” devono assolutamente conoscere, per la ricchezza della documentazione e la piacevolezza del racconto, quello della vita di Maria Farneti, splendida donna e cantante raffinata, nata a Forlì nel 1877 e protagonista di una luminosa anche se breve carriera, nell'epoca d'oro del Belcanto.
Roberta Paganelli, forlivese, ex insegnante di materie letterarie, già acuta biografa di Gea della Garisenda, che intonava "Tripoli bel suol d'amore” avvolta nel tricolore, del leggendario tenore Angelo Masini, del soprano oggi dimenticato Juanita Caracciolo e di Ines Lidelba, diva dell'operetta, ci fa conoscere la vita di Maria, il suo giovanile splendore e la consapevole maturità.
«Maria Farneti ha sfoggiato, nel privato, grazia di portamento, di acconciature, di toilette, conciliando un vitino quasi da vespa con un busto prosperoso e un vitino amabilmente paffutello», scrive il musicologo Gianni Gori nella prefazione del volume, pubblicato dalle Edizioni Grafikamente di Forlì (pp. 238, euro 25) con un ricco corredo iconografico e una postfazione di Giancarlo Landini.
Interprete dalla “voce aristocratica”, «come la maggior parte dei soprani lirici del periodo si dedicò quasi esclusivamente al repertorio verista, ma con un'emissione corretta ed accorta che poneva nel massimo risalto la bellezza del timbro e le consentiva una vasta gamma di sfumature e modulazioni», scrisse Rodolfo Celletti, tra i massimi esperti di vocalità. «La sua voce, pur capace d'inserirsi con accenti intensi nel vivo delle frasi martellate tipiche del verismo, si manteneva quasi sempre pura e musicale».
Erano i tempi in cui un cantante in carriera andava da un capo all'altro del mondo con interminabili viaggi in nave, e anche Maria Farneti fu protagonista di lunghe tournée soprattutto nei Paesi dell'America Latina, in un periodo in cui splendevano gli astri di Tamagno, Caruso, De Lucia, De Luca, Titta Ruffo, e di Cesira Ferrani, Rosina Storchio, Salomea Krusceniski, e gli aedi della nuova scuola, Mascagni, Leoncavallo, Franchetti, Zandonai, Alfano, contrastavano il successo di Puccini e dell'ultimo Verdi.
Maria Farneti fu grande soprattutto nelle mascagniane "Isabeau”, "Iris" e "Amica”, ma anche in "Madama Butterfly”, nel capolavoro di Catalani "Wally”, in "Pagliacci” e "Andrea Chénier”, e si cimentò, come era prassi del tempo, anche in opere di illustri sconosciuti, come la "Fata Morgana” di De Miero, l'"Abul” del brasiliano Alberto Nepomuceno, o “Sperduti nel buio”, di Stefano Donaudy.
Grazie a un accurato e dettagliatissimo lavoro di ricerca, Roberta Paganelli, nel sessantesimo anniversario della scomparsa del soprano, avvenuta nel 1955 dopo una non breve malattia, prende in esame ogni aspetto della sua vita, i rapporti con l'amante Pietro Mascagni e con Giacomo Puccini, i viaggi di lavoro nel mondo, la vocalità e il repertorio, la cronologia completa delle opere e dei concerti, e completa il volume con una splendida rassegna fotografica che mostra Maria Farneti in tutto il suo splendore di “donna biscuit” della Belle époque, nelle immagini alla moda realizzate nello studio Varischi & Artico.
Ecco come la rivista "Ars et Labor” pubblicata da Casa Ricordi, tratteggia, nel numero dell'agosto 1906, il successo di Maria Farneti in Madama Butterfly: «Nella parte della soave figurina da paravento, che l'amore e il dolore rendono grande quanto le luminose protagoniste dei più celebrati poemi drammatici, in questa parte ben si può dire che la signora Farneti trovò e rivelò completamente sé stessa: un'artista incedente per le rigide vie dello studio, sprezzante di tutto ciò che è convenzione, spolvero, mezzuccio, un'artista che sente il verbo di un'arte lirico-teatrale più evoluta, ed assurge ad irradiarsi al sole della gloria più pura».
Quella voce “aristocratica” fu incisa nel 1917 in alcuni
dischi per la Società Italiana di Fonotipia fondata nel 1904 e diretta da
Umberto Giordano, e molto più tardi, quando la cantante si era ormai da tempo ritirata
dalle scene, per la Columbia.
Grazie alla sapienza del torinese Sergio Alfonsi, tra i
maggiori collezionisti di 78 giri d’Europa, la discografia di Maria Farneti è
un valore aggiunto del libro. Vi si scoprono assolute rarità, come il Columbia GQ7160 con le romanze “La luna e l'usignolo” e "La rose rouge”, di Sonzogno il Fonotipia con "D'amor sull'ali rosee” dal "Trovatore”, una delle poche incursioni verdiane del soprano forlivese.
Maria Farneti convolò a nozze con il ricco avvocato Luigi Riboldi, impresario teatrale
e amministratore delegato della potente società Suvini Zerboni. Il marito le diede come condizione per il matrimonio quella
di lasciare le scene, e Maria, dopo una carriera internazionale, con successi
soprattutto ottenuti nelle lunghe e sfibranti tournée sudamericane, con
compagni di palcoscenico come Enrico Caruso, Giuseppe De Luca, Piero
Schiavazzi, Eugenia Mantelli e direttori come Toscanini - che a lungo la corteggiò - Serafin, Mancinelli,
Mugnone e Panizza, si ritirò nella grande villa di Brunate, o in quella
faraonica acquistata dal marito a Copreno, con 108 stanze, dove ospitava per
giorni gli amici musicisti.
Ma il demone del canto non la lasciò, tanto da tornare in
sala d’incisione nel 1931 e regalarci, a 54 anni, il suo testamento musicale,
con superbe interpretazioni di “Iris”, “La Wally” e l’amata “Madama Butterfly”,
resa così magistralmente in teatro tanto da far scrivere a Puccini, in
un’accorata lettera a Maria datata 1907: «Lei può salvare la mia Butterfly a
Lucca! Io la prego con tutte le mie forze di voler accondiscendere a cantare le
ultime quattro recite».
La copertina del libro di Roberta Paganelli |
Una bellissima Maria nel costume di Herodiade |
Iris di Mascagni |
Farneti in Manon Lescaut |
Tosca |
La cantante nel periodo di massimo splendore |
Ti ringrazio, Mario, per aver saputo interpretare in maniera eccellente il frutto della mia ricerca e per aver contribuito a ridare la meritata luce ad una cantante di valore, che era stata purtroppo alquanto dimenticata
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